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Ducezio e il fine comune dei siculi

I principali  popoli che abitarono la Sicilia protostorica,cioè anteriore alla stesura per iscritto di testimonianze vere e proprie o più in generale di documenti che utilizzassero la scrittura sia pure in forma di epigrafi su stele furono i siculi,i sicani e gli elimi.L’etnico”siculi,come tutti sanno si “ sipronuncia con l’accento sulla prima”i” . Anche ”l’etnico”sicani” si pronuncia con l’ accento sulla prima “i” come siculi”. L’etnico Elimi derivante dal greco  “elymos(aratro) si pronuncia come già in greco con l’accentosulla”e”.

 

 

Su un punto tutti gli sudiosi di civiltà protostoriche della Sicilia sono d’accordo e cioè che i sicani popolavano la Sicilia sudoccidentale,mentre gli Elimi(originari come molti secoli dopo gli etruschi da una remota isola anatolica,secondo l’ipotesidell’archeologo Vincenzo Tusa,padre del più noto Sebastiano anc’egli archeologo ma specializzato negli studi archeologici della Sicilia orientale, sulle orme del grande Paolo Orsi, Gli Elimi dunque abitarono i territori interni intermedi tra Palermo e Trapani e la loro capitale fu Segesta.

 

Grandi città sicane sorsero anche in quella che oggi è la provincia di Agrigento.La più popolosa era la città di  Odessa( ovvero in lingua egea- come idizia la doppia”s” l’ “imprendibile”) a quel tempo conosciuta come Ouessa con salto fonetico della “d” per deltacismo, oggi S. Angelo Muxaro in provincia diAgrigento.Odessa  fin dal nome rivelava la sua origine egea.La città era sempre in contesa con Erbessos sulla quale regnava re Kokalos (ovvero in senso affettuoso”gallo”,

l’archeologo  Vittorio Giustolisi ha ipotizzato che in prossimità della punta inferiore della Sicilia orientale vi fossero delle spiagge adatte per sbarchi di profughi con provenienza da oriente situate soprattutto tra Avola e Cassibile. Da qui si dipartiva un  corridoio naturale che costeggiando il canale di Sicilia arrivava fino al fiume Platani a nordovest di Agrigento: era questa la via d’accesso di quegli immigrati in cerca  ella loro terra promessa in Sicilia,dove di già da nord erano giunte altre popolazioni che bramavano di trovare  una terra più vivibile e sicura di quelle che si erano lasciate dietro altrove .Vi erano giunti di già i tirreni(tyrsenoi) con ascendenza dai territori dove  poi si sarebbero stanziati gli Etruschi e che prendevano il loro nome dalle alte torrri(tyr) erette a protezione delle loro città,altri migranti arrivavano sempre  da est dall’isola diCipro, dove secondo una tradizione fortemente incline ad accogliere spunti leggendari si era formato un cospicuo nucleo di esuli troiani, i quali viaggiando verso ovest ambivano a trovare una nuova patria.Per tale ragione approntarono una spedizione che approdò ai piedi di Monte Erice sulla sommità del quale costruirono l’omonima città fortificata e resa inespugnabile da possenti mura e torri.Tale città rappresentava per loro  a motvo della sua possanza e   posizione,la la patria perduta. Intanto arrivavano via mare altri profughi, ora non più da  nord né da est  ma da ovest:dalla penisola iberica,precisamente dall’Andalusia,ovverodalla regione in cui scorreva il fiume Sicano da dove erano stati scacciati da altri popoli iberici. Essi si stanziarono nelle vicinanze delle città di origine egea e si diffusero nel centro della Sicilia, che presero a popolare densamente: nacquero Ymakara ,Krastos,YpparaPoichè essi erano numerosissimi l’intera regione prese il nome di Sicania.e appunto Sikanie mille anni dopo la chiamarono i greci,quando colonizzarono l’intera Sicilia.Nell’isola c’erano già anche altre popolazioni per esempio i discendenti stanziati a Pantalica dei profughi di Thapsos,fiorente città cretese sita tra le attuali città di Siracusa e Augusta, profuhi che avevano visto la loro città venir distrutta a opera dei pirati appartenenti al novero dei cosiddetti”popoli del mare”,dalla provenienza più disparata. Dopo  l’aggressione dei pirati gli evolutissimi thapsiani si rifugiarono nell’ entroterra diAugusta dove fondarono la città di Pantalica. Ma intanto altri profughi sbarcavano in Sicilia,stavolta provenienti dalla  penisola italica.Si trattava dei siculi,popolo di remotissimo nomadismo forzato dagli eventi e dai pericoli .Infatti essi erano arrivati fino all’isola dalla penisola balcanica che avevano abitato pacificamente per millenni in pacifici rapporti con altri popoli di miti agricoltori che non avevano ancora addomesticato il cavallo:i latini,i britanni,gli scoti  gli elveti e i liguri.Un brutto giorno questi popoli si videro circondati da gremitissimi eserciti di indoeuropei,i quali erano un insieme di popoli bellicosi che nelle steppe caucasiche avevano addomesticato il cavallo trasformandolo in un terribile strumento di guerra che essi utilizzarono per distruggere i villaggi di quei popoli,terrorizzando donne, vecchi e bambini  nel mentre che travolgevano facilmente la resistenza dei loro pochi e inesperti guerrieri.Così per salvare la vita ai balcanici non restò che intraprendere un penosissimo abbandono delle loro terre per trasferirsi in un luogo dove potessero vivere al sicuro dagli indoeuropei. Fu così che arivarono all’ Istria  e da qui in poi presero strade diverse.Gli elveti popolarono l’Elvezia,ovvero la Svizzera attuale,gli scoti e i britanni atraversarono l’intera Francia e successivamente il canale della Manica. Giunti alla terraferma inglese si separarono di nuovo: i britanni si fermarono a sud mentre gli scoti proseguirono verso nord e popolarono l’attuale Scozia. volta entrato dalla Balcania nella penisola italica la moltitudine dei profughi iniziale si divise in diversi gruppi.Alcuni restarono nel nord Italia,In Veneto e in Liguria. Altri si stanziarono al centro,come i latini che si fermarono nel Lazio subito affiancati dai siculi i quali dopo un periodo di turbolenta convivenza con i veneti decisero di spostarsi a sud  presso le Marche attuali dove non ebbero vita facile perchéintanto gli indoeuropei avevano imparato a navigare e ad attraversare l’Adriatico con mezzi nautici e così adesso potevano raggiungere la costa adriatica del centro Italia dalle Marche all’Abruzzo e successivamente approdare ancora più giù fino alla punta della Puglia.Intanto gli osci e gli umbri sbarcavano nelle Marche e quivi aggredirono i siculi costringendoli a spostarsi  nel Lazio dove già si erano stanziati i latini,i quali pur avendo la stessa lontanissima origine balcanica e potendosi considerare loro cugini non li accolsero affatto a braccia aperte, ma permisero loro difermarsi colà solo per breve tempo dopodichè li respinsero a sud ovvero in Campania,la terra degli ausoni la quale pertanto era conosciuta come Ausonia per via dell’ adorazione della dea Ausa ptotettrice delle sorgenti e delle acque copiose dei fiumi,sottoposta a re Ausone che aveva numerosi figli di ambedue i sessi.Nel novero dei suoi figli maschi spiccava per ardimento e intraprendenza Liparo(accento sulla”i”) che era particolarmente attratto dalle acque del Tirreno dove presso la costa aveva avuto modo di entrare in contatto con i pirati multietnici appartenentiai” popoli del mare” ( sardi ,iberici libici, filistei,egei come ricordato da una stele fatta apporre dal faraone Ramesses secondo a Qadesh presso il delta del Nilo per celebrare la sua vittoria sui predetti pirati tra i quali adesso  c’erano anche gli ausoni sotto il comando di Liparo il quale nonostante la sconfitta continuò a fare il pirata mercenario e accettò l’incarico da parte di Micene di aggredire e distruggere  Thapsos la già menzionata florida città cretese che sorgeva sulla costa orientale della Sicilia. Quando l’ebbe distrutta i sopravvissuti fuggirono nell’entroterra e presso Pantalica fondarono Nea Thapsos. Allora liparo, che al posto del sangue aveva acqua salata, con l’intento di distruggere completamente ogni traccia di Thapsos decise di raggiungere le isole Eolie che erano delle colonie thapsiane fermamente deciso impadronirsene quivi trovò un regno autonomo da Thapsos governato da re Eolo che aveva partecipato alla guerra di Troia e come Ulisse si era perduto sul tragitto di casa finendo con la sua nave colma d’acqua perchè semiaffondata sulla spiaggia di una di quelle isole, isola già abitata da un re il quale aveva avuto dalla moglie Telepatra la figlia Ciane che fu sposata da Liparo dopo che fu sbarcato su quell’isola e che fu preso in simpatia da Eolo,sua moglie e dalla loro figlia Ciane. da essa Liparo ebbe sei figli: Feremone,Androcle, Giocasto, Scuto e Agatirno. Ai suoi figli liparo affidò il compito di conquistare l’intera Sicilia.Essi stavano per riuscire in tale impresa sennonchè  da Ausonia si dipartì in fuga l’intero popolo siculo che come gli stessi ausoni ora veniva minacciato da una coalizione di popoli indoeuropei che,dopo aver attraversato il mar Adriatico erano fermamente intenzionati a impadronirsi di Ausonia come del suo vasto e ricco territorio e dare la caccia ai loro ospiti e alleati siculi. Tali aggressori erano i sanniti,gli irpini,i messapichi,gli apuli,i dauni, i morgeti, gli opici i  i bruzi,gli elimi, i vituli aspromontani coalizzati per  distruggere Ausonia,gli ausoni e  i loro ospiti siculi, questi furono inseguiti fino alla punta estrema della penisola mentre a guidarli verso la salvezza era un giovane capo che con l’ accordo di tutti aveva assunto il nome dell’intero popolo,il suo nome era Siculo ovvero il capo dei siculi.Quando giunsero davanti allo stretto  e videro dall’altra parte una grande terra sovrastata da un colossale vulcano, capirono che quella era la loro terra promessa.Il grande problema era come attraversare lo stretto. Secondo Tucidide,che riferiva antichi tramandamenti orali i siculi attraversarono lo stretto con ogni tipo di mezzi di fortuna, pefino con otri gonfi d’aria.Giunti sulla terraferma siciliana ebbero a disposizione foreste da cui ricavarono il legname per costruire grandi e capienti barche  con cui via via trasbordarono nella nuova terra l’intero popolo siculo, il quale decise al’unanimità di chiamare Sicilia la loro nuova  patria in onore al capo che li aveva condotti in sicurezza in quella splendida terra.Successivamente essi discesero la costa ionica fino  arrivare presso l’ attuale Augusta,nel cui entroterra incontrarono a Pantalica i discendenti degli antichi profugni di Thapsos,la città che il loro antenato Liparo aveva distrutto,ma quell’antica storia non tornò in mente a nessuno e così i pantalicini accolsero i siculi amichevolmente e permisero loro di costruire una grande città sicula accanto Alla loro Nea Thapsos,dove conformemente alle antichissime tradizioni cretesi veniva adorato Cronos in forma di dio-toro.I Siculi furono ben contenti dell’ospitalità offerta loro dai neothapsiani e così fondaronoHybla,che chiamarono così in onore alla loro dea principale,prottettrice della fecondità e dei buoni raccolti e in generale di tutto ciò che è favorevole alla vita.Dai neothapsiani appresero molto,dal gusto per la ceramica più ricercata,al’inumazione dei defunti in grotticelle artificiali modalità di sepoltura  che gli stessi neothapsiani avevano appreso dai sicani di origine orientale.Un giorno il mar Ionio  ben visibile dalle alture di Hybla si popolò di vele. Con prudenza i siculi raggiunsero la costa e accolsero pacificamente, anzi con euforia tali navigatori che come fu chiaro quando impararono a parlarne la lingua. Essi provenivano dalla città greca di Megara  e chiedevano il permesso all’attuale re diHybla,Hyblon,ovvero il figlio della dea madre di poter fondare una loro città sulla costa. Il re fu d’ accordo e così nacqueMegara iblea.

 

I siculi dunque videro   di buon occhio questi arrivi dal mare di genti esperte nella navigazione e assai evolute in ogni campo della civiltà e non persero mai  occasione per fondersi con esse. Nel complesso di quest’epoca un potente fattore esterno agì ,dapprima superficialmente,poi sempre più profondamente,sull’orgoglioso ma arretrato mondo siculo: la cultura degli egei, civiltà che fino alla conquista romana dell’isola illuminò di una luce grandiosa, talvolta abbagliante tutto il Mediterraneo orientale, riverberando soprattutto sulla Sicilia i suoi potenti riflessi.Ben presto cominciarono ad apparire indumenti di lino e di lanae tessuti raffinati con le ben note decorazioni a meandro che ben presto subentrarono alle pelli primordiali.  Dopo Megara nacque lungo la costa più a sud la potentissima città di Siracusa che  originava dalla bellicosa Corinto filospartana e pertanto nemica diAtene come lo fu anche la sua colonia siciliana. I corinzi e a differenza dei megaresi e dei calcidesi che sempre sulla costa ionica avevano già fondato Zancle,Naxos, Callipoli, Katana e Leontinoi non cercavano affatto la pace con i siculi. Anzi li oppressero,listerminarono,depredandoli delle loro terre che costrinsero a coltivare a loro beneficio come schiavi.Ciò diede luogo a una instabilità guerresca permanente:i siculi subivano continuamente spedizioni punitive che esitavano in massacri di inermi. Così  due secoli dopo la fondazione di Siracusa ebbe corso la prima grande guerra dei siculi contro la città aretusea,dominata da una spietata oligarchia aristocratica, che li schiacciava sotto il suo implacabile tallone. I grandi centri siculi che si ribellarono diedero vita a una prima grande lega dei siculi sotto il segno di Hybla, combatterono valorosamente contro le terrbili armate di cavalieri siracusani ma furono sconfitti e le città che avevano aderito alla lega subirono durissime rappresaglie,incendi,devastazioni,cacce all’uomo,in cui furono coinvolti anche donne, vecchi e bambini.Dopo cento anni da quella prima durissima sconfitta,stavolta fu Camarina,ovvero la prima colonia di Siracusa che sorse vicino all’estrema punta  della Sicilia orientale a ribellarsi contro la città madre e tiranna che la vessava con continuetasse,dazi,sequestri e altre forme di spoliazione e vessazione.Una volta che ebbe fermamente deciso di ribellarsi contro la città madre Camarina cercò oltre    all’alleanza dei siculi vittime della tracotanza di Siracusa,ma anche quella di Megara iblea che aveva il solo torto di essere stata fondata troppo vicino a Siracusa,ostacolandola nel suo sviluppo verso in perenne competizione con essa per ricchezza e magnificenza monumentale,non ultimo il fatto che aveva una grande flotta sia militare che commerciale e peschereccia. Tutto questo per Siracusa era insopportabile tanto da sottoporla a continue prepotenze e provocazioni.Fu così che nacque l’alleanza antisiracusana tra Camarina, i siculi e Megara Iblea.La guerra ebbe un andamento alterno: gli alleati diedero prova di grande coraggio,disciplina e valore ma nonostante questo furono sconfitti alle foci del fiume Irminio.Il pezzo che pagarono fu altissimo.Camarina fu distrutta immediatamente.Poco dopo lo furono le città sicule. Dopo duecento anni il tiranno siracusano Gelone con un pretesto confinario aggredì Megara Iblea e non lasciò pietra su pietra deportandone i cittadini a Siracusa dove furono trattati come schiavi.Passarono altri duecento anni e nella città sicula di menainon  nacque il condottiero siculo che avrebbe guidato la sua gente alla riscossa.Tale destino egli lo recava fin dal nome infatti Ducezio significava appunto “condottiero”.Ecco cosa ne riferisce lo storico romano Diodoro Siculo: Ducezio, nato a Menai fu re dei siculi. Poiché era un uomo energico li convinse a costituire una  federazione di città sicule che ebbe come capitale Palikè dal nome di due divinità tra le più potenti:i fratelli Palici. Nelle vicinanze della città fece erigereil tempio dei Palici. In questo tempio,oltre a svolgersi riti per loro devozione venivano altrsì stipulati giuramenti sacri.inoltre vicino a Palikè e al tempio vi era un lago circondato da crateri da cui sgorgavano sbuffi di acqua caldissima dall’insopportabile odore di zolfo,sbuffi così alti e violenti da sembrare manifestazioni della potenza dei medesimi fratelliPalici.Tali manifestazioni telluriche arrossavano la notte come fiotti di sangue. Quando due individui venivano a insanabile contenzioso accompagnato da minacce e calunnie era tradizione che continuassero la disputa su due barche che, affiancate, atraversavano il lago. A un certo punto una delle due(quella dello spergiuro) veniva rovesciata nell’acqua bollente, come se da sotto la chiglia una grande mano la  sollevasse. Ciò rappresentava il responso deifratelli Palici.Questo modo di punire i mendaci e i calunniatori era chiamato ordalìa. Inoltre il lago era stato recintato e veniva sorvegliato da guardiani. Quando uno schiavo, da qualunque luogo provenisse vi si fosse rifugiato il padrone non aveva alcun diritto di accedere nel recinto sacro per riprenderselo. Tutto ciò a dimostrazione della benignità degli dei Palici.

 

Ducezio fondò una seconda città sacra a Piakos,un’antica città sicula che era sorta a metà del corso del fiumeSimeto e a suo tempo era stata distrutta da un terremoto.

Successivamente assediò e sottomise Morgantina e Modica,le quali benchè sicule non volevano aderire alla federazione, uccidendone i re e quindi ocupandole.Ma poi fu sconfitto  da una grande alleanza di siracusani e agrigentini che approfittarono del fatto che i siculi vedendosi in grave stato d’inferiorità numerica e rischiando di essere sterminati non volevano più combattere ed erano tornati nelle loro città e villaggi. A quel punto Ducezio vedendosi abbandonato dalle sue truppe fuggì a cavallo a Siracusa di notte per consegnarsi al nemico come latore di una pace definitiva tra siculi e siracusani.Ora,poiché durante gli ultimi sanguinosi eventi bellici a Siracusa egli si era distinto come abilissimo guerriero professionale e stratega nella guerra civiledei democratici aretusei contro l’ultimo tiranno dinomenide Trasibulo,nonostante il fatto che i siracusani potessero giustiziarlo in quanto nemico in armi di Siracusa, come volevano alcuni,i più saggi dissero che sarebbe stato molto meglio essere clementi e salvargli la vita perché se in futuro fosse stato opportuno avrebbero potuto ancora avvalersi militarmente di lui che aveva catturatoTrasibulo a Inessa e liberato Katana dai pericolosi mercenari campani installati colà dal fratello maggiore diTrasibulo Ierone  i quali mercenari campani rappresentavano una minaccia grave per gli stessi democratici siracusani,sconfiggendoli Ducezio aveva reso possibile il ritorno in patria degli esuli catanesi daLeontinoi.Così dopo un acceso dibattito,che avvenne la partecipazione attiva e il coinvolgimento del popolo, lo mandarono in catene a Kale Akte,Bella Costa, una fortezza vicino Corinto Ivi Ducezio visse disperatamente in catene tra fame,topi e malattie. Per i suoi siculi che a suo tempo  lo avevano abbandonato essi per primi restò pur sempre un capo traditore che si era venduto al nemico, nel medesimo tempo consegnandogli l’armata e le terre sicule.

Riepilogando queste parole possiamo dire che egli rivolgendosi a tutti i siculi ovunque sorgessero le loro città  fece loro appello a combattere uniti per i bene comune della patria sicula. Così raccolse un grande esercito con cui ottenne splendide vittorie contro i siracusani e i loro alleati e si spinse fino  ad assediare Siracusa ma un fraintendimento nella catena di comando fece ritardare l’arrivo dei contingenti siculi dall’Alta valle del Simeto.Ciò significò la sua sconfitta,cattura ed esecuzione da parte dei siracusani che successivamente fecero mettere in giro la voce che il condottiero siculo si era prostrato di fronte al tiranno Bolcone abiurando lo scopo comune dei siculi per aver salva la vita ma tra i siculi nessuno credette a questa versione e la guerra contro gli oppressori siracusani continuò senza tregua finchè duecento anni dopo il console romano Marcello con il loro aiuto non sconfisse Siracusa e l’annesse come una provincia siciliana allo Stato romano

 

Scritte sicule con traduzione

 

 

iám ákaram eh pías kóagies

gépéd táuto véregais

okedóara iád.

: “Questa città è adesso ben difesa dalle mura che i suoi pii cittadini costruirono per la sua sicurezza”.

 

 

 

i nunus tenti mím, arustainam,

íemi tom, esti durom, nane,

pos durom íemi tom esti velíom

ned emponitantom eredes vinbrotrom

 

: “Un amico del fine comune offre me, il vaso. Sono proprio cosa tua, è un dono, o Nano, e, poichè sono un dono, tuo è il diritto di proprietà. Ma non pongano i nemici del fine comune il vino cotto del tradimento qui dentro”.

 

gea namaka phue

pholtesqo xudai dedaxed poterom

 

epigrafe:(f)oltesqozxudaydedaxedapoterom: “La grande  Madre Hybla protesse i combattenti e li coprì di ogni bene.

 

 

 

Neda os hebeg pra arei en bourenai

vide pagostike alte incube

 

Che i padri dimorino in case di roccia/e non sia troppo duro per loro il giaciglio”

 

 

 

idiomis raroio

mares kala mi

dohit im rukes hazuies

 

: “Parole rarissime, sepolte dentro me, mi da’ il ricordo del passato”.

 

 

 

fiatis kala m’italon edokemen: “Trovate le parole, adesso, o discendenti di Siculo”.

 

 

 

rexes aniresbe touto kemai poter emi

 

” DucezioFu il re amato della città delle acque”, Palikè.

 

 

doeiti phake bezel nipezb

 

Du: “Ducezio voleva fermamente l’unità dei siculi che combattessero per il fine comune:la libertà”.

 

 

vao vide d[..]o

mógom síeldo móida

nádara kóitob[..]velho

rogau ltinas vog

pisemb rosvasdis: “Il sogno poteva realizzarsi: / una gente che davano per finita/risorgeva per mano d’un uomo/che sembrava assegnato dall’alto/a tale impossibile disegno”.

 

 

 

kratue menai oi krein taias

ton hoter ninke eiso

 

“Eroica Menai che fu martire come le altre città sorelle”.

Nota bibliografica. Quanto precede presuppone lo studio di diverse opere:1)il fondamentale I vol. dell’ “Enciclopedia classica” a cura di  Pia Laviosa Zambotti he tratta splendidamente dell’origine balcanica dei siculi;2) il testo della conferenza tenuta da Paolo Orsi a  città di Castello,In provincia di Perugia neLl’ ottobre 1923,in cui espose la sua teoria circal’origine libica dei siculi e della suddivisione in quattro periodi della loro storia dopo l’approdo in Sicilia;3) Luigi Bernabò Brea:”la Sicilia prima dei greci”4) id.”Pantalica”;4)Sebastiano Tusa “Sicilia preistorica” 5) le scritte sicule,che ho lievemente modificato nella traduzionesono disperse in decine di  articoli di linguistica mediterranea che  ho  consultato nella biblioteca dell’istituto di archeologia della facoltà di  lettere dell’università di Catania

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